Cuore, il tifo può far male
"Certe partite davvero un rischio"
Uno studio Usa ha cercato di dare un peso scientifico ai contraccolpi di natura cardiaca che può provocare una particolare sconfitta. I ricercatori hanno calcolato che quando i Rams persero il Super Bowl 1980, a Los Angeles i decessi per infarto aumentarono dal 15 al 27%
ROMA - Non a caso si chiamano partite al cardiopalma. Sono quelle dal finale drammatico, come Milan-Liverpool o Lazio-Inter del 2005. E non a caso si chiama la "squadra del cuore", perché è quella che fa emozionare di più e, nei momenti cruciali, fa aumentare le palpitazioni. Ora sostiene che lo stress da partitissima abbinato al dolore per la sconfitta è un reale fattore di rischio, come il fumo e il diabete, per la salute del nostro cuore. Cifre alla mano, la ricerca sostiene che quando una squadra incappa in una sconfitta "speciale", tra i suoi tifosi aumentano notevolmente i tassi di mortalità per eventi cardiovascolari. E il rischio riguarda anche le donne, soprattutto se superano i 65 anni.
Per dare una misura scientifica all'impatto della sconfitta sul cuore del tifoso, gli studiosi della University of Southern California hanno preso in esame i casi di morte cardiaca nella contea di Los Angeles registrati nelle due settimane che seguirono due storici Super Bowl, la finalissima che ogni anno mette di fronte le due squadre risultati più forti al termine della stagione regolare del football americano. Il primo monitoraggio è stato fatto sul 1980 quando a contendersi il prestigioso anello di campioni c'erano i Los Angeles Rams, la squadra più amata della città, e i Pittsburgh Steelers.
Si giocava al Rose Bowl di Pasadena, in California, e i padroni di casa furono sconfitti. Il secondo studio ha preso in esame il post-Super Bowl del 1984, quando, sul campo neutro di Tampa (Florida) i Los Angeles Raiders sconfissero i Washington Redskins.
Robert A. Kloner, dell'Heart institute del Good samaritan hospital-keck school of medicine dell'Università della Southern California (Los Angeles), con i suoi colleghi ha analizzato, in quei due periodi, le morti causate da scompenso cardiaco, sia per gli uomini sia per le donne, con un occhio attento rivolto alla popolazione over 65. Il risultato è stato il seguente: rispetto alla media calcolata nei mesi di gennaio e febbraio dei tre anni successivi, nei 14 giorni successivi alla sconfitta del 1980 le morti "cardiache" erano aumentate per entrambi i sessi e più tra gli anziani che fra i giovani. Nel dettaglio, la sconfitta dei Rams a Los Angeles si era tradotta in un aumento del 15% di tutti i decessi per cause cardiocircolatorie tra i maschi e addirittura del 27% tra le donne, mentre fra gli over 65 l'incremento era stato del 22%.
Al contrario, nelle due settimane seguite alla vittoria dei Raiders del 1984 il tasso dei decessi era addirittura sceso rispetto alla media di gennaio e febbraio dei tre anni successivi.
"La scienza ha mappato praticamente tutti i fattori di rischio legati ai disturbi cardiocircolatori cronici - afferma Kloner - come per esempio il fumo, l'obesità, il diabete. Ma questo studio scopre una nuova evidenza: esistono anche fattori di rischio, come il Superbowl appunto, in grado di attivare uno scompenso cardiaco acuto". Medici e pazienti, dice il ricercatore, dovrebbero essere consapevoli del fatto che lo stress da partita provoca una risposta emozionale che può anche scatenare un attacco cardiaco improvviso. Per questo, in certi casi, potrebbe essere necessario seguire programmi di riduzione dello stress o prescrivere farmaci ad hoc.
A dare l'idea al team guidato da Kloner è stato uno studio pubblicato nel 2008 sul New England journal of medicine, che aveva riscontrato tassi molto alti di emergenze cardiache in Germania durante la Coppa del Mondo di calcio. "I tifosi - dice il ricercatore - sviluppano un attaccamento emotivo nei confronti della squadra del cuore, che è paragonabile a quello che si prova nei confronti di un familiare. Pensate a come si sente un genitore quando si stressa troppo perché vede il figlio in difficoltà". Insomma, un appassionato sportivo non deve sottovalutare i rischi che corre: il tifoso ha un cuore che non batte per un singolo individuo, ma per un intero team. Una fatica che, come rivela lo studio, a volte è troppo pesante da sostenere.